pubblicato in data 09 Mar 2020

Ci siamo noi, ci sono loro. C’è il Nord e c’è il Sud.
C’è la zona rossa e la zona gialla e la zona che non sa ancora di che colore è. C’è che finché non mi riguarda va tutto bene.
C’è il Nord che si domanda come sia possibile che il Sud non sia contagiato così tanto e c’è un Sud residente al Nord che non resiste al richiamo di mamma’ e interpreta quella chiusura della Lombardia e delle altre città come un affronto da cui fuggire, perché non può immaginarsi ‘imprigionato’ in quel Nord (anche se magari era già previsto che sarebbe ritornato a Pasqua se non ad agosto nei patri lidi).
Poi c’è chi “un po’ di vacanza non la fai?”, visto che le scuole sono chiuse (e quando ti ricapita di avere in mezzo all’anno un periodo così lungo): peccato che provieni proprio dalla zona rossa e forse sei asintomatico ma portatore sano di virus e potresti colpire qualcuno che ti si avvicina al di sotto di un metro (perché tu sei anche quello del “ma dai, veramente dobbiamo stare a distanza di un metro?”).
Poi ci sono gli studenti che non hanno capito che la scuola è chiusa non perché ci sono problemi con la scuola, con gli insegnanti, le gite, i programmi, l’invalsi, l’alternanza scuola-lavoro, ma per evitare il contagio.
Ma certo pure noi come possiamo pensare che un ragazzo possa accettare un sacrificio di due settimane? Poveri cuccioli, così giovani e già questa grande sofferenza da vivere… Come può il ragazzetto pensare di stare a casa a leggere, studiare o magari di farsi una passeggiata (da solo) all’aria, evitando i luoghi affollati? Certo che gliene importa, tanto sono giovani e forti come ha dichiarato una fresca speranza dell’italico Paese: “Io c’ho 20 anni. Se mi prende a me non succede nulla”.

Ecco forse non è ancora chiaro (Milano ne è una prova, il mare di oggi altrettanto, la Liguria e Forte dei Marmi poi non ne parliamo) che il sacrificio che si chiede è piccolo ma enorme nell’ottica di Paese, nell’ottica di un NOI più grande al quale sembra proprio che non vogliamo appartenere. In considerazione del Sistema Sanitario al collasso, dei più deboli, dei malati, di quegli eroi che sono i medici e gli infermieri, di chi sta male e anche di chi se n’è andato…
Allora che bisogna fare? L’unica cosa che con noi funziona, forse, è Imporre regole: si deve chiudere la discoteca perché mica lo capisce uno da solo che forse non è il luogo ideale in cui trascorrere queste sere? E poi le palestre, le piscine…
Forse bisognerebbe chiudere anche le case di una certa metratura, visto che si stanno organizzando feste per farsi compagnia…
E forse dovremmo chiudere le strada e le piazze, perché basta guardare la situazione del quartiere San Lorenzo a Roma di venerdì sera per capire che non ci siamo proprio. Perché – come ha dichiarato un giovane in quella piazza – “se io trovo la piazza aperta ci vado e mi incontro con gli altri”. Perché uno non ce la fa da solo a capire che questa cosa è da evitare. Ha bisogno delle camionette, delle forze dell’ordine per sentire che è proprio grave il momento.
Che è come dire che siamo incapaci di ragionare e agire di conseguenza, ma che sappiamo solo obbedire alle imposizioni coatte (che poi non è vero neanche questo perché quante regole ci sono che non rispettiamo? Ma di questo parleremo in tempi migliori).
Allora, una volta superato il Coronavirus, direi che dovremmo concentrarci su quest’altro virus che è a noi connaturato: il Menefregovirus. Proviamo a trovare un vaccino e a capire a che età e a chi dobbiamo somministrarlo…

(Angela Iantosca)

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