pubblicato in data 22 Mag 2025

La criminologa Roberta Bruzzone al Teatro Brancaccio di Roma: un viaggio scioccante nei delitti di Meredith Kercher e Chiara Poggi, tra immagini mai viste e riflessioni che scavano nel profondo.

Cosa lega due ragazze che non si sono mai incontrate, uccise in contesti diversi e a pochi mesi di distanza? Apparentemente nulla, se non un destino crudele e ancora oggi avvolto nel mistero. Meredith Kercher e Chiara Poggi sono le protagoniste di due tra i casi più sconvolgenti della cronaca nera recente.

A portare in scena le loro storie è la criminologa Roberta Bruzzone, che sceglie il teatro per trasformare la narrazione giudiziaria in un’esperienza diretta, immersiva e disturbante. Sul palco del Teatro Brancaccio di Roma, la scienza forense diventa racconto visivo: immagini vere dei luoghi del delitto, spesso inedite, vengono mostrate al pubblico con l’intento di scuotere.

Macchie di sangue sui muri, schizzi sulle scale, corpi abbandonati sulle scale di scantinati. Dettagli che la televisione non mostra, ma che sono il cuore dell’indagine. La dott.sa Bruzzone li espone senza filtri, spiegando con rigore scientifico cosa raccontano quei segni, quale movimento ha compiuto la vittima prima di crollare o anche dopo la caduta, forse mentre era in agonia e come si è mosso il carnefice. La precisione con cui ricostruisce la scena del crimine è sconvolgente: in sala qualcuno trattiene il respiro, qualcun altro abbassa lo sguardo. La nausea, a tratti, è inevitabile. Ma è proprio questo il punto.

Non è spettacolo, è scossa. La criminologa vuole provocare, disturbare, costringere a guardare. Mostrare l’orrore nella sua nuda realtà per superare l’assuefazione che anestetizza le coscienze. Lo spettatore esce turbato, ma più consapevole. Le domande che si pone sono radicali: “E se fosse stata mia figlia? E se l’assassino fosse mio figlio?”

La criminologa non si limita a raccontare. Lancia un appello, soprattutto ai genitori: educare non è solo un atto privato, è responsabilità collettiva. I segnali di squilibrio esistono fin dall’infanzia — vanno riconosciuti, affrontati, curati. Ignorarli è un rischio che ricade su tutti.

Dal mio punto di vista, il lavoro della dr.ssa Roberta Bruzzone va sostenuto. La sua competenza, la sua capacità comunicativa e il coraggio di mostrare ciò che normalmente viene censurato rendono il suo lavoro fondamentale. Perché scuotere non significa solo disturbare: significa far pensare, svegliare, forse anche cambiare. E oggi più che mai, ne abbiamo bisogno.

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