pubblicato in data 16 Giu 2023

È questo il titolo che abbiamo voluto dare al pezzo volto a narrare quanto avvenuto alle porte di Roma, nella zona di Casalpalocco, lo scorso 14 giugno nel pomeriggio quando un SUV Lamborghini Urus si è schiantato contro una Smart ForFour con il tragico risultato della morte di un bambino di soli 5 anni.

Il piccolo, all’interno dell’utilitaria, stava con la mamma (29 anni) e la sorellina (3 anni) dopo essere stato preso all’asilo per far rientro a casa. Cinque ragazzi, con un comportamento che definire delinquenziale sarebbe poco, hanno stroncato la vita di questa creatura.

Il violentissimo impatto ha distrutto SUV e Smart vedendo, quest’ultima, avere la peggio. Le condizioni del piccolo sono risultate fin da subito disperate: giunti i primi soccorsi l’arresto cardiaco era già in atto. Praticato il massaggio, i soccorritori hanno trasportato il piccolo Manuel all’ospedale Grassidi Ostia. Purtroppo per il bambino non c’è stato nulla da fare: giunto nella struttura sanitaria i medici non hanno potuto far altro che certificarne la morte. Il papà è giunto in ospedale per il riconoscimento della salma. La mamma e la sorellina di tre anni sono rimaste ferite e trasportate al Sant’Eugenio.

Come sia avvenuto l’incidente è ormai cosa nota: i cinque assassini, stavano effettuando un video da mettere su YouTube e sulla piattaforma Instagram con i propri cellulari. Scopo del filmato, portare avanti una sfida che in gergo si definisce “Challenge” in cui uno di loro esternava il proprio vanto e quello dei suoi degni compari raccontando di trovarsi per il “secondo giorno in Lamborghini” e sottolineando: “Per adesso tutto bene”. I ventenni fanno parte di un gruppo denominato “TheBorderline”, che conta 600.000 iscritti sulla piattaforma video più famosa al mondo.

I cinque non erano estranei a questo genere di filmati ma in questa “challenge” intitolata: “Vivo 50 ore in macchina” la sfida consisteva nel guidare per un tempo consecutivo folle (50 ore appunto), sbeffeggiando la sorte e coloro che si incontravano lungo il percorso: “Ma questo con la Smart che sta facendo? Abbello, la macchina tua costa 300 euro usata al Conad, la mia costa un miliardo. Vale quanto Amazon”.

Queste le parole di uno degli youtuber. L’assassino alla guida del SUV, rispondente al nome di Matteo Di Pietro, è risultato positivo al test della droga. Sostanze di cannabinoidi sono state riscontrate nel sangue ed ora è indagato per omicidio stradale.

E come se ciò non bastasse, i genitori di uno di questi senza cervello ha avuto il coraggio di etichettare come “ragazzata” la tragedia che si è abbattuta su questa povera famiglia.

Noi italiani siamo molto inclini a dimenticare ma certi episodi dovrebbero invece rimanere impressi come un marchio indelebile nella nostra mente.

Vi sono una serie di considerazioni da fare da cui non ci si può esimere. La prima è la facilità con cui un SUV, che per sua natura, è una macchina di potente cilindrata, possa essere data a cinque ventenni, con un’esperienza di guida vicinissima allo zero e con un’immaturità estremamente imbarazzante.

I giovani avevano affittato la vettura per un paio di giorni. Dalle indagini è emerso che il padre dell’assassino al volante della Lamborghini è un dipendente del Quirinale ma…è possibile che i soldi possano aprire ogni tipo di porta, compresa quella di noleggiare un’auto di quel calibro, indipendentemente dall’età?

E ancora: oggi il valore di una persona si misura in “like” (mi piace) e nel numero delle visualizzazioni di ciò che si posta su piattaforme come Instagram, Tik Tok, YouTube, Facebook ecc. Seicentomila “followers” che vedevano e commentavano queste idiozie.

Forse è proprio qui il fallimento della nostra società. Non essere riusciti a tramandare certi Valori permettendo a comportamenti vigliacchi, stupidi e delinquenziali di avere la meglio e di radicarsi nella testa di giovani e giovanissimi.

Probabilmente qualcuno, nel misero tentativo di difendere questi ventenni ed in totale malafede, tenterà di far ricadere le colpe sulle case automobilistiche che producono SUV. Si parlerà di “SUV Killer”; sicuramente i ragazzi inizieranno ad accusarsi reciprocamente nel tentativo di farla franca e magari dietro una linea difensiva ben precisa.

La realtà è che oggi piangiamo la morte di questo piccolo angelo, divenuto tale per la profonda idiozia delinquenziale presente nella scatola cranica di queste assolute nullità dalle sembianze umane che, in una Nazione civile, dovrebbero marcire in galera a pane secco e acqua di fogna.

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