pubblicato in data 26 Nov 2019

Vi proponiamo un interessante contributo a cura dell’Avv. Lina Caputo, Patrocinante in Cassazione, Esperta in management sanitario, responsabilità del medico e dell’odontoiatra, di una sentenza emessa da un giudice di un Tribunale calabrese, su una donna con una gravidanza nel corso del terzo trimestre caratterizzata da GESTOSI SINTOMATICA INGRAVESCENTE, che si è poi conclusa con la morte endouterina del feto. Scopriamo insieme cosa è successo

E’ da tempo che mi occupo di morte intrauterina/endouterina del feto da un punto di vista giuridico civile e penale, sia scrivendo articoli, sia disquisendo arringhe in Tribunali penali che scrivendo atti in Tribunali civili ma finora non mi era mai capitato (forse per fortuna) di imbattermi in una sentenza del genere.

La sentenza che mi è balzata agli occhi e che ho dovuto rileggere più volte confidando in una mia miopia aggravatissima piuttosto che in altro (ma purtroppo è pura realta!) è stata emessa da un giudice di un Tribunale calabrese (a cui non credo vada fatta pubblicità ma serva da non-esempio e per capire quanto possano far male ed essere non istruttive le scelte di alcuni giudici).

Si tratta di una sentenza di primo grado, per cui ancora non definitiva e sottoponibile ad altri due gradi di giudizio, che però mi ha lasciato alquanto perplessa.

Mi ha lasciato perplessa perché mentre la leggevo mi era tutto chiaro, soprattutto l’esito (e così sarà anche per voi): il giudice ha iniziato riconducendo la responsabilità, anche dei medici, nell’alveo di cui agli artt. 1218 e ss – essendo il procedimento instaurato antecedentemente alla Legge Gelli-Bianco n. 24/2017- per cui la fattispecie, inquadrata in una ipotesi di responsabilità contrattuale (e non extracontrattuale), anche per i medici coinvolti e ricostruita perfettamente in ogni passaggio riprendendo la perizia e le conclusioni del Consulente Tecnico d’ufficio nominato dal giudice (CTU).

Tralascio in questa sede gli atti introduttivi delle parti, ma mi soffermo su quello che non è di parte e interessa a noi giuristi: CTU e decisione del Giudice.

Dalla CTU, ci dice questo giudice del Tribunale calabro, la sig.ra Prena (nome di fantasia) si è affidata alle cure di un primo ginecologo, poi sostituito con un secondo ginecologo, tale Dott. Gino (nome di fantasia), parte convenuta.

Alla 27° settimana si era verificata una restrizione dell’accrescimento fetale e poi una perdita di proteine ed ipertensione: insomma, Prena era affetta alla 27° settimana, da gestosi EPH (edema, proteinuria, Hypertension) (secondo quanto affermato dal CTU).

L’ipertensione si era già verificata al 6 mese e trattata dal Dott. Gino con un farmaco (Aldomet), uno dei chiari sintomi della gestosi, iniziata con la proteinuria, ipertensione, edemi periferici e distacco placenta che ha portato alla morte del feto.

Come ci “insegna” il giudice de quo, riportando una parte della perizia del CTU, nella gestosi EPH: viene a mancare il potere di regolazione vascolare placentare e ciò comporta la restrizione dell’accrescimento del feto con un aumentato rischio di sofferenza fetale e morte del feto.

La sig.ra Prena, ci dice il CTU, ha avuto una gravidanza nel corso del terzo trimestre caratterizzata da GESTOSI SINTOMATICA INGRAVESCENTE, che si è poi conclusa con la morte endouterina del feto.

Il CTU conclude ritenendo a) che tutto ciò poteva essere evitato* con un attento monitoraggio* della pressione arteriosa della gestante, con eventuale adeguamento della terapia farmacologica, un più riavvicinato monitoraggio ecografico* e, soprattutto, con una flussimetria*; b) che il Dott. Gino non ha compiuto una serie di attività che avrebbe dovuto compiere, quali controlli ecografici più ravvicinati ed esami flussimetrici, per cui ne delinea una serie di profili di responsabilità (che invece esclude per il primo ginecologo).

Il Dott. Gino, sempre a detta del Tecnico, non poteva non sapere della gestosi, avendo prescritto farmaci anche per l’ipertensione, doveva rilevare la restrizione dell’accrescimento fetale e ciò avrebbe consentito sia al sanitario che alla gestante di gestire il decorso della gravidanza e  AVREBBE POTUTO EVITARE IL DECESSO DEL FETO*.

Chiamato a chiarimenti il (già chiaro) CTU, ribadisce che:

a) tra l’ecografia eseguita alla 27° settimana e la seconda eseguita alla 30° settimana si era verificata una restrizione dell’accrescimento fetale, che avrebbe potuto essere facilmente constatata dal Dott. Gino, se avesse prestato maggiore attenzione ai risultati emersi con l’esecuzione del secondo esame. Tale riscontro avrebbe permesso al sanitario di avere immediata contezza della patologia gravidica e gli avrebbe consentito di consigliare alla gestante controlli ecografici e flussimetrici ravvicinati, che sarebbero stati di notevoli ausilio nel timing del parto;

b) la paziente è andata incontro ad una gestosi EPH che presentava esattamente i tre segni tipici: edemi, proteine nelle urine e ipertensione, già prima dell’ultima visita con il Dott. Gino.

Il Giudice a questo punto ci tiene a chiarire (con un po’ di ovvietà) che il CTU – chiamato a chiarimenti – constata che dopo l’ultima visita il Dott. Gino non ha più visitato la paziente (se era ultima!) fino all’intervenuto decesso del feto, verificatosi a seguito del distacco della placenta, e riporta quanto affermato dal Consulente e cioè che: a) che la restrizione dell’accrescimento del feto va monitorata con accertamenti appositi;

b) che la diagnosi di restrizione dell’accrescimento fetale è di facile attuazione per chiunque effettui l’ecografia, anche utilizzando le apposite tabelle.

A quanto ci dice il Consulente la gestosi era facilmente diagnosticabile e gestibile con monitoraggi appositi e ravvicinati!

Quindi, leggendo la sentenza de qua, fino a questo punto, l’esito mi sembrava fosse chiaro: la sig.ra Prena aveva una gestosi EPH non diagnosticata e non gestita – con monitoraggi appositi e frequenti – come avrebbe dovuto fare il Dott. Gino, il che avrebbe evitato molto probabilmente la morte del feto, per cui la responsabilità riconosciuta dal CTU in capo al medico le dà, di conseguenza, un diritto al risarcimento dei danni patiti e richiesti.

E INVECE NO!

Con mio sommo sgomento, leggo che il giudice di prime cure, analizzando la posizione del Dott. Gino, riesce a scrivere “nessun profilo di responsabilità può addebitarsi al Dott. Gino, onde la domanda è infondata e va rigettata” per mancanza di nesso causale tra la condotta del sanitario e la morte del feto perché la morte è stata causata da un “evento improvviso” (ma la morte non è spesso un evento improvviso????) seppur il ctu abbia ritenuto che “con ogni probabilità il distacco sia conseguito alla gestosi, vale a dire a un raptus vascolare utero-placentare, scatenato dall’improvvisa ipertensione, che può manifestarsi nella gestosi e dalla nefropatia”.

Secondo questo giudice, il Dott. Gino non avrebbe potuto evitare l’aumento dei valori pressori (MA MAGARI PREVEDERLO???) non avendo visto la paziente dall’ultima visita sino al decesso del feto (come accade per chiunque).

Tuttavia, stupisce come il giudice, che molto probabilmente ha competenze medico-ginecologiche, vada anche contro quanto affermato e concluso dal CTU* (nonostante affermi espressamente “condividendosi le argomentate conclusioni del ctu”) e dallo stesso su riportato e conclude asserendo, addirittura (ma non fatene conoscenza propria), che “deve concludersi che in ogni caso l’effettuazione di controlli ulteriori della situazione gestazionale della Sig.ra Prena non avrebbe potuto evitare, con elevata probabilità, la morte endouterina del feto”.

E poi continua, forse contraddicendosi “un bel po’”, “è pur vero, quindi, che il medico AVREBBE DOVUTO MONITORARE COSTANTEMENTE la paziente, anche al fine di valutare il migliore momento per programmare il parto, ma è anche vero che detta OMISSIONE, non ha inciso sull’exitus”.

Quindi, anche qualora il Dott. Gino, ci dice il giudice (ma NON IL CTU, PER FORTUNA!), avesse provveduto a monitorare CON ESAMI RAVVICINATI LA GRAVIDANZA, EFFETTUANDO LE BIOMETRIE E LE FLUSSIMETRIE FETALI, deve ritenersi che CON ALTA PROBABILITA’ il DECESSO DEL FETO SI SAREBBE COMUNQUE VERIFICATO.

Vorrei sapere secondo quale Medico o leggi scientifiche o linee guida.

Ecco, non so Voi, ma quando leggo sentenze di questo tipo mi chiedo a cosa servano i Consulenti Tecnici d’Ufficio del giudice se le loro conclusioni vengono ribaltate, senza averne le specifiche competenze!

Mentre il CTU relaziona, mettendo tutta la sua competenza, in modo chirurgico, come si poteva evitare la morte del feto, perché era evitabile, il giudice decide che no, il decesso si sarebbe comunque verificato.

Mentre il CTU richiedeva controlli periodici, il giudice decide che anche con questi controlli periodici il decesso del feto si sarebbe verificato.

Chiaramente, da giuristi, ci troviamo a dover combattere tutti i giorni davanti a situazioni complicate, che portano dietro le sofferenze – a volte non sanabili – delle persone … ma mi domando e chiedo Come si spiega una sentenza del genere ad una mamma che ha perso il proprio figlio perché il ginecologo non ha capito che aveva una gestosi EPH e non l’ha monitorata come avrebbe dovuto magari facendola partorire prima con parto un cesareo.

Come si spiega a quel bambino mai venuto al mondo che un giudice ha ritenuto che fosse colpa della genetica, o forse del destino, se non ha mai abbracciato sua mamma e suo padre e non di un medico che non ha fatto ciò che forse avrebbe dovuto fare?

Come?

Chiaramente questo articolo è uno spunto di riflessione per noi giuristi, e anche per i consulenti, sul ruolo e rapporto che leghi un consulente al Giudice, ma anche sul potere (forse eccessivo) che ha un giudice di poter decidere, secondo una propria libera valutazione spesse volte non “cosciente e competente”.

In attesa della sentenza della Corte d’appello, che vi relazionerò, vi lascio con questa riflessione.

Come può un avvocato spiegare ad una famiglia che lui può metterci l’anima in un processo, ma che ci sarà sempre un Giudice che deciderà, anche andando contro le linee guida, la scienza medica e ogni principio di diritto?

Se finora credevo che un Consulente avesse una competenza degna di rispetto e considerazione, ora devo ricredermi.

Lina Caputo

Mi auguro (con molto scetticismo) che questa sia la prima e l’ultima sentenza che legga in questo senso e che ci pensi il Collegio della Corte d’appello adita a dare un senso e giustizia a tutto ciò, perché non voglio credere che sia vero quanto mi è stato detto qualche anno fa “Avvocato, ha presente quando entra in aula? C’è scritto <<la legge è uguale per tutti>>, giusto? Si ricordi sempre un’altra cosa …. NON TUTTI SIAMO UGUALI PER LA LEGGE” (cit. di un mio caro cliente).

Creda nella Giustizia e nei nostri tre gradi.

Alla mamma di questa bimba mai nata, va questo mio omaggio.

Avv. Lina Caputo

Patrocinante in Cassazione

Esperta in management sanitario,

responsabilità del medico e dell’odontoiatra.

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