pubblicato in data 11 Nov 2018

Un “duo” che a distanza di vari anni si ricorda con piacere. Checco Loy e Massimo Altomare, che avevano assorbito la lezione degli intrattenitori e dei cantautori acustici di oltreoceano, nel periodo fra il ’73 e il ’74 incisero brani fatti di pochi ma sentiti suoni, con la dominante delle chitarre, dell’armonica e di altri strumenti confidenziali, con cui ricreare un clima amichevole e spontaneo, quasi da falò sulla spiaggia d’estate. Gli album, Portobello e Chiaro, erano puliti e graziosi nei particolari vocali, nel sottofondo di serenità e di orecchiabilità mai fastidiosa. Le melodie accarezzavano i pomeriggi di molti studenti raccontando storie comuni di facile identificazione. Simpatici e senza che le tentazioni di mercato li travolgessero, se ne erano andati proprio nel periodo in cui il panorama dei cantautori andava lievitando, per conquistare le attenzioni dei giovani acquirenti di dischi. Dopo alcuni anni Loy e Altomare tornarono con l’album Lago di Vico (m.507), che riprendeva con intatta delicatezza il loro discorso musicale, ma puntava anche su testi più movimentati e crudi con diverse stilettate ironiche e divertenti.

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