pubblicato in data 24 Nov 2020

Una domanda che, al giorno d’oggi, appare quanto mai attuale: gridare “al lupo, al lupo!” ha ancora una convenienza o si rivela un boomerang destinato a tornare indietro e colpire chi lo ha lanciato?

Tale quesito sorge dalle recenti polemiche che sono emerse a causa di un’imitazione avvenuta nel celebre programma RAI “Tale e quale show” in cui Sergio Muniz, uno dei concorrenti di questa edizione, ha imitato il rapper Ghali, convincendo, per altro, giuria e pubblico che hanno molto apprezzato la performance.

Per chi non fosse pratico della trasmissione, i partecipanti devono calarsi nei panni di nomi celebri della musica (italiani e stranieri) in tutta la loro essenza. Cosa significa questo? Significa che, oltre a curare la voce, c’è un lavoro certosino sul partecipante da parte di truccatori, sarti ed imitatori che “cuciono” il/la cantante da riproporre.

Ebbene, proprio per questa rivisitazione a 360° (che non ha nulla a che vedere con la parodia), se il personaggio in questione ha una caratteristica fisica evidente, questa viene “sottolineata” nell’imitazione. Ghali Amdouni, nato in Italia da genitori tunisini, ha delle particolarità fisiche che non passano inosservate: i capelli con la tipica acconciatura afroamericana (con le treccine) ed una carnagione appena scura. Naturalmente, trattandosi di una imitazione, a Sergio Muniz è stata messa una parrucca con i capelli come Ghali e sulla faccia, una tinta atta a scurire leggermente la pelle.

Morale della favola: Ghali si è offeso al punto da rendere pubblico il suo sfogo con un videomessaggio su Instagram. “Bastava l’autotune e un bel look. Non c’è bisogno di fare il blackface per imitare me o altri artisti” E ancora: “Potete dire che esagero, che mi devo fare una risata […] lo capisco. Ma per offendere qualcuno basta semplicemente essere ignoranti, non bisogna per forza essere cattivi o guidati all’odio […]. La comunità nera continua a chiedere di smettere ma non cambia niente. È la seconda volta che mi emulate in questo modo, non mi sono offeso, davvero, ma nemmeno riso”.

Dichiarazioni così non possono passare inosservate. Intanto va detto che se non ci fosse il software denominato “autotune”, che permette di aggiustare la voce dopo una registrazione o in tempo reale, molti di questi rapper (e forse lo stesso Ghali) dovrebbero andare a lavorare sul serio; l’atra considerazione è legata proprio al colore della pelle. Sarebbe interessante chiedere al signor Ghali dove sta l’offesa nel truccare un attore che deve calarsi in un personaggio, con una tinta leggermente scura. Se tali parole fossero logiche, allora anche nella rappresentazione dell’“Otello”, l’attore protagonista non dovrebbe ricorrere al trucco, in quanto messaggio di stampo razzista.

Lo sfogo di questo rapper sta ad indicare quanto oggi il concetto di “antirazzismo” appaia pericoloso ed imbecille al tempo stesso. Per cercare di non dare al colore della pelle un’importanza fondamentale che potrebbe ritorcersi contro determinate etnie, si sta ottenendo il risultato opposto.

Se si parla di imitazione, caro signor Ghali, bisogna cogliere tutte le sfumature della persona in questione. Lei, vedendo l’imitazione di un cantante dalla pelle bianca, magari con un tatuaggio evidente o con un’acconciatura particolare dei capelli, perché non ha sentito il bisogno di lanciare un messaggio contro il modo in cui tale artista era stato “riproposto”? Non sarà perché in questa occasione è stato direttamente coinvolto e ha pensato che tale polemica avrebbe fruttato un ritorno di immagine anche se, mi permetta di dirglielo, negativo?

Purtroppo in Italia questo gridare continuamente “al lupo, al lupo” ha portato tanta gente a fare un passo indietro davanti ad atteggiamenti scorretti di gay e negri (termine proveniente dal Latino e quindi non offensivo) che, forti di una loro caratteristica fisica e di una protezione di una certa parte politica, hanno sempre fatto perno su un discorso che in realtà non ha nulla a che vedere con atteggiamenti di maleducazione o altro.

Insomma, per essere ancora più espliciti, la carnagione così come l’orientamento sessuale non possono essere fattori su cui impostare un vittimismo idiota che fa apparire sempre questa gente come di categoria inferiore. Se i tuoi atteggiamenti sono scorretti, se la tua maleducazione tocca picchi da capogiro e per questo la gente ti allontana, non puoi appellarti ad una tua caratteristica fisica per gridare al razzismo o all’omofobia e apparire dunque come discriminato/a.

Il grido “al lupo, al lupo” racchiude una grande verità che, seppur ancora timidamente, la gente sta comprendendo perché, per dirla alla napoletana “Accà nisciun è fess!”

Stefano Boeris

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